Sidival Fila: l'arte al servizio della collettività
Frate francescano di origini brasiliane, Sidival Fila lavora con materiali riciclati e tessuti usati: per realizzare le sue opere, l’artista manipola i tessuti e li ricrea mediante il recupero e riuso della materia come metaforico ritorno alla vita. Con gestualità sapiente, riplasma la superficie della tela attraverso la ricucitura di lacerazioni, la ridipintura o l’inserimento di fili, riscattandola così dalla sua condizione per restituirgli una voce e donargli la possibilità di raccontare sé stessa.
Fili, cuciture e tessuti di varie tipologie e colorazioni, interagiscono dando vita ad una nuova dimensione cromatica nelle sue opere, il cui aspetto muta al variare delle condizioni della luce. È evidente un legame con lo spazialismo: con la sua ricerca l’artista tenta di creare uno spazio reale, non virtuale, lavorando sull’introflessione. Su tele monocrome di grandi dimensioni, attraverso le cuciture e mediante la tecnica dei pigmenti, crea una forte interazione cromatica che altera il colore originario, generandone uno nuovo avente una sua particolarità e dal quale emerge l’anima della materia stessa.
Arrivato in Italia negli anni Ottanta, da artista autodidatta si pone nel panorama internazionale come punto di riferimento nella promozione dell’arte quale strumento a sostegno dei più bisognosi: tramite un percorso di ricerca che lo porta a confrontarsi con materiali in disuso, soprattutto tessuti come lino, cotone, seta o canapa, propone una riflessione sul vissuto di tanti uomini, che resta indelebilmente impresso nelle stoffe.
Ha catturato l’attenzione del mondo dell’arte internazionale arrivando ad esporre, tra l’altro, a Madrid, Parigi, Miami e Bogotà ed è presente anche nella collezione permanente di arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani. Il suo atelier è situato sopra il Convento di San Bonaventura al Palatino nel cuore dei Fori Imperiali ed è considerato da molti il più bello e suggestivo al mondo, la cui bellezza purificante raffina il gusto e la sensibilità artistica.
La poetica di Sidival Fila si manifesta nei progetti di aiuto economico supportati sin dagli albori della sua pratica artistica: così come la materia trova riscatto attraverso la riconversione a nuovi significati, allo stesso modo le persone in difficoltà hanno la possibilità di accedere ad una nuova vita e costruirsi un futuro che prescinda dalla loro condizione sciale originaria.
Il suo nome compare oggigiorno nei cataloghi dei maggiori musei del mondo ed i proventi della vendita delle opere vanno a finanziare aiuti umanitari in diversi paesi: la Fondazione Filantropica Sidival Fila nasce nel 2021 dalla donazione di circa cento opere da parte dell’artista stesso e sostiene iniziative di solidarietà sociale, fornendo sostegno a Istituti di Carità e creando nuovi progetti relativi alla cura dell’infanzia, al recupero dei bambini in fase di abbandono, alla loro adozione e al supporto della loro crescita e scolarizzazione.
Questa forma di attivismo al servizio della collettività dimostra come l’arte possa diventare un mezzo di forte inclusione sociale, promuovendo un ruolo attivo nel processo di cambiamento nel mondo ed al tempo stesso colmando una lacuna lasciata dalla società e dagli organi competenti: le iniziative sono difatti finalizzate al miglioramento della qualità della vita delle persone o al raggiungimento di obiettivi aventi interesse generale come il sostegno alla cultura, all’istruzione ed alla salute.
Le realtà no profit che distribuiscono il ricavato ottenuto dalle proprie attività per realizzare progetti di sostenibilità testimoniano la crescente mobilitazione del mondo dell’arte nel contrastare gli effetti sui bambini della povertà economica e relazionale delle famiglie d’origine: tra gli obiettivi vi è quello di abbattere tutte le forme di discriminazione ed emarginazione, dando la possibilità di un concreto inserimento nella società ai meno abbienti.
Backstage One Stop Art - L’arte che abbraccia la tecnologia: intervista a Marco Trevisan
In cosa consiste l’innovazione insita nell’arte?
“L’arte è sempre contemporanea” è una affermazione di molti in varie epoche e ha trovato espressione in alcune opere, come quella di Maurizio Nannucci “All art has been contemporary” del 1999 - non a caso posizionata all’ingresso di alcuni musei, come la GAM di Torino e l’Altes Museum di Berlino. La parola arte porta con sé, come bagaglio perenne, la nozione di innovazione, perché l’arte sperimenta e ricerca, e lo fa con materiali, linguaggi e significati. Oggi le possibilità per l’arte, dialogando con la tecnologia e la scienza, di essere innovativa sono infinite.
In quali ambiti avviene la collaborazione tra arte e società in maniera fattiva?
L’arte oggi può avere una sua funzione pratica nella società, senza negare – sarebbe assurdo – quella di tensione verso il bello, o di creazione di pensiero. Questo ruolo eventuale dell’arte è cresciuto con il crescere dello sviluppo scientifico e tecnologico, ed oggi diventa uno dei punti cruciali del nostro sviluppo di esseri umani. In un recente libro io stesso l’ho chiamata “ars factiva” (Ars Factiva, Marco Trevisan, Ed. Scheiwiller-24 Ore Cultura, 2021) riferendosi ad essa come ad arte efficace, produttiva, ma ars factiva significa anche, letteralmente, produzione artistica. È arte che dialoga con il mondo delle imprese, della tecnologia, dell’educazione, della società nel suo complesso. L’arte oggi non può avere solo un ruolo consolatorio – come è avvenuto spesso nella fase di lockdown dell’epoca pandemica – o di ricerca di investimento o di status symbol attraverso il mercato.
Come si è trasformato il ruolo del curatore in questo processo di contaminazione tra arte, scienza e tecnologia?
In questo contesto – di interazione tra arte e tecnologia, in dialogo con la società - nascono laboratori dove scienziati, tecnici, manager d’azienda e artisti costituiscono gruppi di lavoro creando una sintesi di linguaggio, lavorando in tempi definiti su temi concreti (per es. il volo senza pilota, l’interazione uomo-robot in ambito lavorativo, etc.). Le stesse aziende (come Mercedes, Bmw, Sap, Microsoft, Hyundai) collaborano con artisti multimediali per fare ricerca o per sperimentarne l’impatto sulla società. È evidente in questi casi come i curatori – la cui presenza è necessaria - debbano avere il ruolo di garanti dell’indipendenza del pensiero artistico, coordinando i progetti più che elaborando i temi.
Quali sono le nuove caratteristiche della produzione artistica?
Il percorso che ha portato molti new media artist ad agire a cavallo tra istituzione, industria, ricerca scientifica, accademia, produzione, lavorando in un ambito di sperimentazione, ha fatto sì che le aziende siano sempre più interessate a collaborazioni. Il processo di produzione di questo tipo di artisti è cambiato, ed è sempre più sostenuto sia da istituzioni che da fondi privati, interessati a lavorare con artisti e designer che utilizzano le tecnologie o fenomeni scientifici che essi stessi utilizzano in chiave creativa e critica.
Quali sono alcune delle nuove applicazioni della tecnologia in campo artistico?
Uno degli sviluppi più evidenti che ha investito il mondo dell’arte negli ultimi anni ha a che fare con le capacità immersive di certe forme d’arte multimediali, che usano il video e il suono, ma spesso stimolano anche altri sensi. Filoni interessanti abbracciano l’uso dei big data (data art), altri il linguaggio dei videogiochi, altri ancora l’interazione con l’ambiente (non solo dal punto di vista tematico, ma anche come modalità produttiva, per es. con l’uso di elettrodi collegati a forme viventi e a piante). Al centro del dibattito in campo artistico ora ci sono gli NFT, ma in questo caso più che di novità di espressione artistica, bisogna parlare di novità di modello di mercato.
È in atto un fenomeno di progressiva disintermediazione del mercato: come cambiano le regole del “gioco”?
Di tecnologia in campo artistico si può parlare da vari punti di vista, dalle nuove capacità produttive (di cui abbiamo appena parlato), ai nuovi strumenti di scambio (come gli NFT), allo sviluppo di nuove piattaforme e nuove modalità di condivisione delle opere (siti, portali, club in digitale). Il fatto che sia sempre più facile avere una conoscenza diretta della proposta artistica, anche da luoghi lontani nel mondo, e che sia sempre più possibile per i collezionisti stessi mettersi in contatto e far sapere agli altri cosa si possiede, rende sempre più agevole lo scambio diretto di opere stesse. La vecchia figura del gallerista che accompagnava il collezionista in tutto e per tutto non esiste quasi più. Il ruolo di galleristi, dealer e case d’asta è in evoluzione; non si tratta più di rapporti fiduciari, ma di sviluppare nuove competenze e nuovi servizi, anche finanziari, da offrire. In questo contesto di disintermediazione è però facile “perdersi”, ed è quindi utile e consigliato affidarsi alle consulenze indipendenti e alle competenze di operatori come One Stop Art.