Il modello delle Società Benefit nel mondo dell'arte

di Umberto Zagarese

 

La legge di stabilità 2016, n. 208 del 28 dicembre 2015, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina delle cosiddette Società Benefit (abbreviato “SB”). Possono essere società di nuova costituzione o già esistenti che, nell’esercizio di un’attività commerciale, oltre allo scopo di conseguire un profitto, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità territori e ambiente. L’approccio imprenditoriale delle Società Benefit prende ispirazione dal modello delle Benefit Corporation nato in America, basato sul concetto di Corporate Social Responsability ovvero sulla visione che all’interno delle imprese deve essere abbandonata l’idea di agire solo per interesse diretto degli azionisti o del top management. Al contrario, si devono assumere posizioni di responsabilità nei confronti dei principali interlocutori aziendali, definiti stakeholder, che sono di due tipi: interni e cioè coloro che agiscono, a vari livelli, nell’impresa (lavoratori, collaboratori, ecc…); esterni, ossia coloro che interagiscono nell’ambiente circostante all’impresa (fornitori, clienti, istituzioni, ecc…).

L’assunzione di responsabilità si deve manifestare attraverso azioni concrete, iniziative che generano valore, inteso come beneficio comune. Tipicamente le iniziative sono orientate ai temi della sostenibilità ambientale, poiché coinvolgono una maggiore platea sia di beneficiari diretti che di soggetti non strettamente interessati. In tale contesto, l’arte trova spazio attraverso l’opportunità di generare utilità positive per gli stakeholder introducendo progetti di natura artistico-culturale. Volendo fare un passo indietro, possiamo citare numerosi imprenditori che hanno scelto di favorire la diffusione dell’arte attraverso, ad esempio, l’erogazione di liberalità in favore di associazioni artistiche, musei e fondazioni, oppure attraverso il restauro del patrimonio artistico (incentivato con il cosiddetto Art Bonus) o ancora creando i musei di impresa. Mediante l’adesione al modello delle Società Benefit, invece, l’impresa è nelle condizioni di potersi innovare producendo esternalità positive, e l’arte è lo strumento attraverso il quale giungere a questo scopo, senza perdere la propria natura lucrativa e dunque senza creare effetti negativi per coloro i quali sono interessati in particolare a questo aspetto.

Su come si possa far convergere in un’unica direzione arte, impresa e Società Benefit, esistono diverse soluzioni: si potrebbero, ad esempio, valorizzare i giovani artisti o sostenere fondazioni che si occupino del recupero del patrimonio artistico locale. Oppure attraverso percorsi interni per la valorizzazione della propria identità aziendale (heritage), attraverso la creazione di un museo di impresa, oppure organizzando corsi a contenuto artistico per i dipendenti: in particolare modo, questo tipo di progettualità, favorisce la diffusione e il rafforzamento dei valori di appartenenza e creatività, con un positivo impatto sui processi del lavoro. Si possono inoltre organizzare progetti “crossover” che uniscono in un unico intento, impresa e terzi. È il caso, ad esempio, dei cosiddetti “culture workshop” o della collaborazione con le istituzioni, per la definizione di piani e interventi finalizzati alla produzione di utilità sociale.

A fronte comunque di vantaggi tangibili, l’implementazione del modello delle SB è possibile solo attraverso una competenza qualificata e una adeguata capacità di monitoraggio degli obiettivi aziendali, considerati anche i controlli e le responsabilità richieste dalla disciplina di tali società.

 


Cosa vedere a Venezia durante la Biennale d’Arte 2022: due mostre da non perdere

Curata da Caroline Bourgeois, dal 27 marzo 2022 all’8 gennaio 2023 è in corso a Palazzo Grassi “Open-end”, un’importante mostra personale dedicata a Marlene Dumas: più di cento opere, una selezione di dipinti e disegni realizzati dal 1984 a oggi, provenienti dalla Collezione Pinault, da musei internazionali e collezioni private.

Sudafricana, classe 1953: Marlene Dumas cresce e studia durante il regime dell’apartheid, condizione che ha profondamente plasmato la sua poetica e la cui influenza è tuttora visibile nelle sue opere estremamente provocanti; tra le tematiche maggiormente ricorrenti, in quanto profondamente legate alla storia personale dell’artista, vi sono infatti le questioni razziali e di genere, accompagnate da tematiche più astratte come l’amore, la sofferenza, le dipendenze, la passione o i tabù.
Insieme alle cause sociali, un altro punto di interesse per l’artista è rappresentato dalla poesia: non stupisce dunque di trovare una stanza riservata a Baudelaire, ritratto accanto a Jeanne Duval e ad alcuni dipinti ispirati ai poemi de Lo spleen di Parigi.

La mostra propone dunque una visione complessiva del percorso dell’artista, la cui produzione si concentra principalmente sulla rappresentazione dei corpi umani, colti in estasi o in sofferenza, vitali o trapassati, investiti dalle emozioni più intense, privati dunque di filtri o inibizioni.
L’artista trae ispirazione da immagini provenienti da giornali, riviste, fotogrammi cinematografici o polaroid scattate personalmente: rielaborate successivamente sulla tela, lasciano spazio alla libera interpretazione.
A ciò si ricollega la scelta del titolo della mostra, ovvero “Open-end”: due parole discordanti che racchiudono parte della riflessione artistica, come rivela Dumas stessa: “ho pensato alla parola ‘open’, aperto, e al modo in cui i miei dipinti siano aperti a diverse interpretazioni. Nelle mie opere lo spettatore vede immediatamente ciò che ho dipinto, ma non ne conosce ancora il significato. Dove comincia l’opera non è dove termina.”

Nell’ambito del programma di monografiche dedicate agli artisti più influenti nel panorama artistico contemporaneo, segnaliamo anche una grande mostra retrospettiva di Anish Kapoor che esordisce alle Gallerie dell’Accademia e si conclude a Palazzo Manfrin: curata da Taco Dibbits, la duplice esposizione presenta una sequenza di lavori fondamentali, dalle sculture degli esordi eseguite col pigmento, come 1000 Names, alle opere sul vuoto, fino ad un nuovo corpo di sculture inedite create con il Kapoor Black, un materiale nanotecnologico innovativo, una sostanza talmente scura da assorbire più del 99,9% della luce visibile, tale da smaterializzare gli oggetti rendendoli impercettibili all’occhio umano.

Accanto al nero, il colore rosso domina la scena: oltre a sottolineare le radici indù dell’artista, contribuisce a creare un qualcosa di vitale e terrificante allo stesso tempo, dove sangue, carne e materia si mescolano in un impasto violento: i suoi iconici lavori, come Shooting into the corner, sebbene realizzati in passato si rivelano piuttosto attuali, in quanto evocano gli scenari drammatici della guerra come quella in corso, impressionando lo spettatore.
Emblematica dell’artista è la dimensione partecipativa delle sue opere: lo spettatore è infatti chiamato ad osservare, sperimentare e dunque reinterpretare, facendosi guidare dalla propria emotività. Le opere di Anish Kapoor rifuggono difatti ogni definizione tradizionale, prestandosi ad assumere significati sorprendentemente nuovi che talvolta capovolgono le aspettative del pubblico.

Dal 20 aprile al 9 ottobre 2022 sarà possibile visitare la mostra, in concomitanza con la cinquantanovesima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.