Backstage One Stop Art - La voce di Alessandro Guerrini in materia di servizi di assicurazione e trasporto nel mondo dell'arte
Quali sono i criteri per scegliere il giusto operatore a cui affidare un trasporto di opere d’arte?
Il primo criterio per selezionare a chi affidare il trasporto di un’opera o di una collezione d’arte è quello di scegliere operatori specializzati in logistica fine art, ovvero quelle aziende che hanno, su questa tipologia specifica di beni, un’esperienza riconosciuta, consolidata e pregressa. Nello specifico, per individuare gli operatori del settore, esistono diverse associazioni di categoria - Artim e Icefat, a livello internazionale, Logistica Arte, a livello italiano - che raggruppano le più prestigiose realtà che si occupano di logistica fine art nei vari paesi. Indipendentemente da ciò, è sempre importante scegliere aziende che abbiano un proprio personale dipendente specializzato e verificare che il trasporto, o anche solo parte di esso, non venga subappaltato ad altri operatori non qualificati. I mezzi utilizzati per il trasporto devono avere caratteristiche specifiche, richieste anche dalle compagnie assicurative: devono essere infatti climatizzati per garantire la stabilità delle condizioni termo-igrometriche, devono essere dotati di antifurto satellitare e devono essere dotati di sospensioni idropneumatiche che consentano di ridurre le vibrazioni. È opportuno infine scegliere operatori che abbiano internalizzato tutta la filiera dei servizi necessari: dalla falegnameria per la produzione degli imballaggi, fino alle competenze per gestire la parte documentale di un trasporto, ovvero gli adempimenti di carattere doganale e ministeriale.
Perché è opportuno assicurare le proprie collezioni d’arte?
Nel mercato italiano c’è, ahimè, una scarsa cultura assicurativa legata al mondo fine art, tale che oggigiorno ci sono grandi collezioni - sia in ambito pubblico che privato - prive di copertura assicurativa. Assicurare un’opera significa proteggere - quantomeno dal punto di vista economico - l’investimento che si è fatto acquistandola. Vediamo invece che, soprattutto nei collezionisti privati, c’è una attitudine limitata alla prevenzione e alla gestione dei rischi. Molto spesso i collezionisti privati sottovalutano i rischi a cui è esposta la propria collezione o hanno una errata percezione di essi: la maggior parte ritiene che il rischio più frequente sia rappresentato dal furto, quando invece, - statistiche alla mano - tale rischio è assolutamente residuale. Sono molto più frequenti, al contrario, i danni accidentali o i danni derivanti da allagamenti, incendi o fenomeni atmosferici estremi.
Quali sono i criteri per valutare un’opera a fini assicurativi?
Le valutazioni propedeutiche alla accensione di una polizza assicurativa devono essere effettuate da periti autorevoli ed accreditati e devono essere “accettate” dalle compagnie assicurative. Devono basarsi inoltre su dati oggettivi e devono essere dimostrabili, quindi supportate da evidenze di dati pubblici, come ad esempio vendite all’asta di opere confrontabili per autore, tipologia o dimensioni. In generale le valutazioni a fini assicurativi si basano sul cosiddetto criterio del rimpiazzo, ovvero sono formulate per rispondere alla domanda “quanto costerebbe oggi acquistare sul mercato un’opera con caratteristiche assimilabili a quelle dell’opera assicurata?”
Esistono anche altre tipologie di valutazioni?
Si, oltre a quelle a scopo assicurativo, esistono anche le valutazioni a scopo patrimoniale, ovvero quelle finalizzate alla determinazione dell’entità di un patrimonio artistico; esistono poi le valutazioni a fini ereditari - spesso associate anche all’esigenza di divisione di un patrimonio in più lotti - così come esistono le valutazioni a fini bilancistici, che si realizzano per le corporate collection e che hanno come obiettivo quello di determinare il valore da iscrivere a bilancio secondo il cosiddetto principio del “fair value”.
Quali sono le motivazioni per cui alcuni collezionisti decidono di depositare le proprie opere in caveau specializzati?
Questa è la domanda che più spesso viene posta agli operatori che si occupano di custodia di patrimoni artistici perché è naturale pensare che chi compra un’opera d’arte se la voglia godere nel proprio ambiente domestico o di lavoro. In realtà, le ragioni per cui possono diventare necessari servizi di conservazione sono molteplici: innanzitutto, molto spesso i collezionisti, incrementando continuamente le proprie raccolte, arrivano al punto in cui esauriscono lo spazio che hanno a disposizione e hanno quindi necessità di trovare altri luoghi dove conservare le proprie opere in condizioni di sicurezza. Altrettanto frequentemente l’esigenza di un caveau nasce da situazioni temporanee: la ristrutturazione di una casa impone, ad esempio, al collezionista la necessità di trovare uno spazio dove depositare le proprie opere. La terza ragione è rappresentata dal fatto che, in taluni casi, i caveau specializzati sono luoghi in cui, oltre alla conservazione, vengono forniti anche altri servizi come il trasporto, il restauro, il monitoraggio dello stato di conservazione o il private viewing: i collezionisti dunque trovano in queste strutture la possibilità di gestire in modo completo la propria collezione. Infine, gli investitori - quindi coloro che acquistano opere d’arte in un’ottica meramente speculativa - trovano nei caveau la risposta alla propria esigenza di tutelare, in termini di “safety” e “security”, gli investimenti finanziari sostenuti.
Dal punto di vista fiscale, i caveaux presentano dei vantaggi di qualche tipo?
I caveau possono avere dei vantaggi anche di carattere fiscale nel momento in cui offrono il servizio di deposito doganale: in questi caveau specializzati, infatti, le opere provenienti da paesi extra Unione Europea possono essere conservate - a tempo indeterminato - in un regime di sospensione dell’IVA all’importazione. In Italia, tale imposta è pari al 10% del valore dell’opera e pertanto rappresenta un onere significativo che grava sul collezionista.
Quali sono le situazioni da cui emerge più frequentemente la necessità di avvalersi dei servizi di gestione di una collezione d’arte?
Sono innanzitutto situazioni ordinarie come, ad esempio, l’acquisto o la vendita di un’opera che fanno inevitabilmente scaturire l’esigenza dei servizi di assicurazione, di trasporto e conservazione di cui abbiamo appena parlato. Ma sono anche situazioni di carattere straordinario come quella del passaggio generazionale, un momento di discontinuità in cui gli eredi a cui viene trasmessa un’opera o una collezione d’arte si trovano di fronte a scenari potenzialmente molto complessi. Gli eredi sono emotivamente scossi dalla perdita di una persona cara e al contempo devono fare delle scelte che avranno ripercussioni sul futuro della collezione. Tali scelte possono portare infatti alla vendita del patrimonio artistico ereditato, piuttosto che al suo smembramento. Per affrontare con consapevolezza queste situazioni è sempre opportuno coinvolgere un consulente indipendente che possa rappresentare al meglio gli scenari possibili, che possa orientare la scelta degli eredi verso quello ottimale e che possa infine assisterli nella gestione degli aspetti operativi, legali e fiscali.
Maurizio Cattelan vince la causa contro lo scultore Daniel Druet
di Avv. Michela Zanetti
È stato dichiarato inammissibile il ricorso con cui il ceroplasta francese Daniel Druet rivendicava la paternità di alcune opere firmate dall’artistar padovano Maurizio Cattelan. Con la decisione dello scorso 8 luglio, i giudici del Tribunale per la Proprietà Intellettuale di Parigi hanno infranto i sogni di onore e gloria di Daniel Druet.
A quanto pare, l’errore sembra sia stato quello di aver citato in giudizio non direttamente Maurizio Cattelan bensì soltanto la galleria Perrotin e l’istituto che dal 2016 al 2017 aveva esposto le opere dell’artista: considerato il tenore delle domande proposte e le richieste formulate (secondo i giudici Druet chiedeva il riconoscimento della paternità esclusiva di tutte le opere contestate), questa scelta avrebbe decretato l’inammissibilità del ricorso.
Il Tribunale francese ha altresì dichiarato che le opere in questione sono da attribuirsi esclusivamente al genio creativo di Cattelan, al quale deve essere riconosciuta anche l’ideazione dell’allestimento e del messaggio veicolato al pubblico. Nessun contributo artistico ed emotivo apportato dalla manodopera di Druet, quindi, che altro non sarebbe se non mero esecutore materiale delle istruzioni dell’artista. In altre parole, tali opere non sarebbero esistite senza Cattelan, mentre sarebbero esistite comunque senza Druet.
Si legge nella sentenza che è indiscusso che le precise direttive per allestire le sculture di cera in una specifica configurazione, relative in particolare al loro posizionamento all’interno degli spazi espositivi volti a giocare sulle emozioni del pubblico (sorpresa, empatia , divertimento, repulsione, ecc.), sono state emanate solo da Maurizio Cattelan senza Daniel Druet, non essendo in alcun modo in grado – né cercando di farlo – di arrogarsi la minima partecipazione alle scelte relative alla disposizione scenografica della presentazione delle dette sculture (scelta dell’edificio e dimensione della le stanze che assecondano il carattere, la direzione dello sguardo, l’illuminazione, persino la distruzione di un tetto in vetro o di un pavimento in parquet per rendere l’allestimento più realistico e suggestivo) o al contenuto del possibile messaggio contenuto nell’allestimento.
Una decisione che è stata definita “storica” dai legali della galleria Perrotin, poiché pare custodire e consacrare l’arte concettuale come supremazia dell’idea creativa dell’artista rispetto alla tecnica dell’esecutore. Il testo integrale della sentenza verrà pubblicato nei prossimi giorni.
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