Prorogata la mostra “Klimt e l’arte italiana”

È in corso al Mart di Rovereto una mostra che riunisce i due capolavori “italiani” di Klimt, Giuditta II e Le tre età, affiancandoli alle opere di oltre quaranta grandi maestri italiani del primo Novecento che furono profondamente influenzati dall’artista austriaco: in occasione della Biennale di Venezia del 1910 e dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911, un’intera generazione di artisti, tra cui Vittorio Zecchin ed i giovani “dissidenti” di Cà Pesaro, Vito Timmel, Felice Casorati, Galileo Chini e Luigi Bonazza, finì per rinnovare il proprio linguaggio artistico sotto l’influsso della cultura mitteleuropea.
Lo stesso Klimt fu a sua volta erede della tradizione italiana: l’impiego della foglia oro, di elementi decorativi e della bidimensionalità rispecchia l’ispirazione dell’artista ai mosaici bizantini delle chiese ravennati e alle murrine veneziane che ebbe modo di osservare durante diversi viaggi nel nostro Paese.

Il percorso espositivo consta di 200 opere provenienti da collezioni pubbliche e private ed è interamente dedicato all’analisi delle influenze del padre della Secessione viennese sull’arte italiana: dalla pittura alla scultura, passando attraverso le arti decorative, è evidente come discipline differenti convivano sotto il riconoscibile segno dell’artista, i cui riferimenti sono visibili nei decori, nell’opulenza cromatica e nello stile.
L’arte italiana del suo tempo ha preso diversi elementi in prestito, conservando al contempo un carattere originale e dando vita ad inedite forme espressive: parliamo in primo luogo del Divisionismo, fenomeno artistico che si afferma in Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che ne sconvolge l’uso del colore e della luce, dando luogo ad una rappresentazione affine all’estetica simbolista di Klimt. Le opere sono caratterizzate da linee sinuose, forme geometriche e colori luminosi, che rispecchiano la propensione dell’artista viennese all’ornamentale.
Lo spirito rivoluzionario di Klimt ha indubbiamente lasciato un’impronta nelle opere degli artisti italiani favorendo anche l’innovazione e la rottura con la tradizione, come nel caso del Futurismo e del fascino per il dinamismo e per la frenesia della vita moderna.

Gli artisti italiani del Novecento non furono dunque meri imitatori di Klimt, bensì ne furono ispirati reinterpretandone il linguaggio, con esiti del tutto nuovi e stupefacenti che potrete scoprire personalmente visitando la mostra, la cui apertura è stata prorogata fino al 27 agosto.

 


Arthur Duff celebra l'unicità insita in ciascuno di noi

Avete mai pensato di partecipare alla creazione di un’opera d’arte?

The Human Safety Net, la Fondazione del gruppo Generali dedicata a fornire sostegno a famiglie e rifugiati in difficoltà, ha trovato casa presso le Procuratie Vecchie di Piazza San Marco a Venezia e dal 14 aprile ospita un’opera di Arthur Duff intitolata “The Hungriest Eye. The Blossoming of Potential”: si tratta di un’installazione facente parte della mostra permanente “A World of Potential”, che consente ai visitatori di esplorare ed approfondire la conoscenza dei punti di forza insiti nel proprio carattere attraverso 16 diverse installazioni interattive, sia analogiche che digitali.

L’opera di Arthur Duff situata all’interno dell’Art Studio, uno spazio dedicato a mostre temporanee che ospitano opere di artisti la cui sensibilità e visione siano affini ai valori comunicati dalla Fondazione, trasforma i punti di forza dei visitatori, individuati precedentemente lungo il percorso, in una rappresentazione artistica sensazionale e irripetibile attraverso l’utilizzo di un sistema laser che crea forme uniche in un caleidoscopio di luci e colori. La finalità è quella di sottolineare e celebrare l’unicità che caratterizza ciascuno di noi e ci contraddistingue dagli altri. La presa di coscienza di questa stessa unicità, riprendendo i propositi di The Human Safety Net, dovrebbe aiutare le persone, talvolta emarginate, ad integrarsi nella società e a sfruttare le proprie potenzialità con consapevolezza, al fine di trovare il proprio posto nel mondo.

Uno dei punti di forza della mostra è indubbiamente la sua natura innovativa e interattiva, che permette ai visitatori di condurre un’esperienza unica durante la quale mettersi in gioco in prima persona e partecipare attivamente alla creazione di un’opera d’arte. Ma non si tratta di un’attività da sperimentare esclusivamente in chiave individuale, poiché l’individuo è chiamato a relazionarsi con l’altro nel momento in cui, terminati i trenta secondi di esposizione della propria composizione laser, essa può lasciare spazio alla rappresentazione di una nuova immagine al sopraggiungere del visitatore successivo. L’esperienza è dunque profondamente immersiva e personale ma al contempo presuppone la condivisione di uno spazio e di un momento di interazione con gli altri, all’interno di un dialogo che protegga sempre la libertà di espressione di ciascuno di noi.

 


Il Surrealismo in mostra a Milano

La collezione permanente del Mudec di Milano ha aperto un dialogo con 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti e manufatti provenienti dal museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, ove è conservata una delle più importanti collezioni di arte surrealista al mondo.

La mostra Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen è affidata alla curatela di Els Hoek, storica dell’arte, ed indaga il complesso rapporto tra l’universo surrealista e le culture extra occidentali.

I capolavori di Max Ernst, Man Ray, Dalì, Magritte e Paul Delvaux consentono ai visitatori di esplorare appieno la ricerca surrealista, incentrata sulle tematiche della psiche, del sogno e realtà, dell’amore, della morte, dell’inconscio e del desiderio, lungo un percorso suddiviso in sei sezioni, ciascuna delle quali è introdotta da una scultura o da un oggetto simbolico che ne evoca il tema stesso.

Il surrealismo fu anche movimento filosofico e letterario, politicamente impegnato ed in netta contrapposizione con la società occidentale industrializzata degli anni ’20: rifiutando la logica e la corruzione causata dall’eccessivo materialismo, tramite la messa a nudo del nostro subconscio gli artisti surrealisti negano i limiti della razionalità e traspongono sulla tela l’esperienza onirica e l’elemento fantastico all’interno di un’atmosfera metafisica.

Dall’accostamento apparentemente casuale di singoli elementi, talvolta contraddittori rispetto alla realtà in cui vengono inseriti, il confine tra realtà e illusione diventa sempre più labile provocando nello spettatore una sensazione di inquietudine e smarrimento. Tra le tecniche impiegate troviamo la decalcomania, i collages ed il frottage, la cui paternità viene tipicamente attribuita a Max Ernst: si tratta di una tipologia di automatismo psichico che, attraverso forme libere di associazione, dà origine ad immagini dal significato simbolico che trascendono il controllo morale o razionale della coscienza travalicando canoni estetici prestabiliti. La finalità dell’arte è difatti quella di sovvertire la realtà che conosciamo abitualmente, traducendo l’attività dell’inconscio in un prodotto figurativo inedito ed inconsueto, ove è ricorrente la metamorfosi dei soggetti e l’esasperazione dei caratteri raffigurati.

Il potere creativo dell’inconscio rompe il predominio della ragione in questa imperdibile rassegna che sarà aperta al pubblico fino al 30 luglio 2023.

 


La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia dedica una retrospettiva ad Edmondo Bacci

La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia presenta Edmondo Bacci. L’energia della luce, a cura di Chiara Bertola: si tratta della prima e più esaustiva retrospettiva dedicata all’artista, nato a Venezia nel 1913, che consta di un’ottantina di opere, molte delle quali disegni e dipinti inediti, dense di significato e potenza creativa.

Il percorso espositivo, seguendo l’ordine cronologico, attraversa tutta l’opera di Bacci prendendo il via dal nucleo di tele, in bianco e nero, intitolate Cantieri e Fabbriche, realizzate tra il 1945 e il 1953: negli anni Cinquanta l’artista aderisce allo Spazialismo e si afferma all’interno degli ambienti espositivi veneziani vivendo il periodo più promettente ed internazionale della sua carriera.
A Venezia Bacci era difatti inserito in un ambiente culturale altamente dinamico e ricco di opportunità per i giovani artisti emergenti e negli stessi anni viene notato da Peggy Guggenheim, che ne diventa attiva sostenitrice e collezionista, per la forza dirompente del colore, la rottura dei piani spaziali e l’originalità caratterizzanti i suoi dipinti ed inizia ad ottenere un notevole successo, acclamato dalla critica nazionale più accreditata.
Oggigiorno l’artista si inserisce tra le eccellenze artistiche venete, affiancando Emilio Vedova e Tancredi Parmeggiani.

Dopo le Albe, gli Avvenimenti sono i protagonisti delle sale successive. Realizzati nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, questo nucleo di opere rappresenta l’evoluzione del percorso di ricerca dell’artista, nonché il cuore poetico e creativo del lavoro di Bacci: in occasione della mostra, Avvenimento #13 R, realizzato nel 1953 ed acquistato da Alfred H. Barr Jr, allora direttore del Museum of Modern Art di New York, torna ora in Italia per la prima volta.

Inserito nella vasta stagione dell’Informale, Bacci declina in maniera autonoma la sua idea di spazialismo, per cui luce e spazio sono evocati da esplosioni di colore e dirompente energia sulla tela. Negli anni ’50 l’artista inizia a comprendere il potenziale e la forza generatrice del colore ed ha un’intuizione: la sostanza, prima informe, assume una figurazione nell’istante in cui la materia cromatica incontra la dimensione della tela.
Come possiamo difatti desumere dal titolo di questa serie di opere, ciò che avviene sulla tela è un vero e proprio accadimento che è in continua evoluzione e si accresce dinnanzi ai nostri stessi occhi, ogni qualvolta lo osserviamo.
I colori impiegati sono caratteristici e facilmente riconducibili a questo preciso periodo di produzione artistica di Bacci: estremamente irruenti, sono estratti direttamente dalle sfumature cromatiche della terra e del cielo, cui talvolta vengono aggiunte delle sabbie mediante desaturazione. A partire dal colore, utilizzato come materia prima in grado di evocare luce e spazio, vengono così costruite nuove dimensioni attraverso la pittura e nuove forme che si sviluppano in un continuo movimento circolare pluridirezionale.

Trovano infine posto le opere della sperimentazione degli anni Sessanta e Settanta e le Carte bruciate, costellazioni di corpi neri ottenute dalla trasformazione della carta mediante il fuoco.
L’esposizione chiude con un invito a confrontare il Giudizio finale (1730-1735) di Giambattista Tiepolo con Avvenimento #31-A (Esplosione) del 1956, nell’intento di omaggiare la tradizione pittorica veneziana da cui Bacci è stato profondamente influenzato sin dagli anni di formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.

La mostra sarà visitabile fino al 18 settembre 2023 e durante questi mesi di apertura il pubblico potrà prendere parte a diversi appuntamenti esclusivi gratuiti, collegati alla monografica di Edmondo Bacci.

 


L’Arte Contemporanea conquista Palazzo Strozzi

È in corso a Palazzo Strozzi “Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye”, la mostra che celebra i trent’anni della Collezione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.
Affidata alla curatela di Arturo Galansino, la rassegna propone un percorso alla scoperta di oltre 70 opere dei più importanti artisti contemporanei italiani e internazionali: con più di 50 artisti provenienti da tutto il mondo, viene indagata l’evoluzione variegata dell’arte contemporanea nel corso degli ultimi tre decenni, in rapporto con la società tra pittura, scultura, installazione, fotografia e video.

L’esposizione si apre nel cortile rinascimentale con un razzo proiettato verso il cielo di Firenze: la scultura site-specific di Goshka Macuga, alta 15 metri, è intitolata GONOGO e simbolicamente invita i visitatori a guardare verso il cielo e a raggiungere le stelle, in particolare il firmamento dell’arte contemporanea globale degli ultimi decenni.
Nel percorso della mostra si segnalano grandi opere di artisti come Damien Hirst (“Love Is Great”, 1994), Anish Kapoor (“1000 Names”, 1983) e Sarah Lucas, accompagnate da un’ampia selezione di lavori di Maurizio Cattelan, centrale per un’esplorazione dell’arte italiana unitamente ad artiste come Paola Pivi e Lara Favaretto.
In parallelo si snodano sezioni dedicate al tema dell’identità e della denuncia politica, affrontando argomenti come la fragilità e l’alienazione, le discriminazioni razziali e di genere, la relazione tra collettività e individualità, con le opere di Barbara Kruger, Shirin Neshat, accompagnate da un’iconica collezione di fotografie in bianco e nero di Cindy Sherman e dall’autoritratto in cera, grasso, capelli ed intestino animale (“Self-portrait”, 1993) di Pawel Althamer.
A seguire troviamo la perlustrazione della ricerca pittorica attraverso dipinti di artisti come Lynette Yiadom-Boakye che si relazionano sul corpo ed infine conclude la ricognizione una rassegna di video arte presentata nella Strozzina con opere manifesto di artisti quali William Kentridge, presente con “History of Main Complaint” (1996), Douglas Gordon e Philippe Parreno, con la celebre videoinstallazione “Zidane”.

È il riferimento alle stelle, presente già a partire dal titolo, a guidare il visitatore lungo la rassegna: il viaggio intergalattico nel cosmo dell’arte Contemporanea si sviluppa a partire da ciascuna singola stella, ovvero opera d’arte che brilla di luce propria, per poi considerare le costellazioni nel loro significato d’insieme e riflettere sul presente e sul futuro dell’arte, su quali saranno le evoluzioni prossime nella sperimentazione di nuovi linguaggi artistici, talvolta potenzialmente provocatori, in costante dialogo tra loro.

La mostra è promossa ed organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e nasce proprio con la volontà di creare una piattaforma in cui stimolare accessibilità, sperimentazione e partecipazione in cui alle opere della collezione ed alle nuove produzioni realizzate per l’occasione si unisce un ampio programma di attività e progetti con gli artisti protagonisti di talk e workshop per coinvolgere il pubblico fino al 18 giugno 2023.

 


Frida Kahlo e Diego Rivera protagonisti della mostra a Padova

È in corso a Padova, presso il Centro Culturale Altinate San Gaetano, la mostra “Frida Kahlo e Diego Rivera. La collezione Gelman", che sarà aperta al pubblico fino al 4 giugno 2023.
Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla collezione statunitense di Jacques e Natasha Gelman: i due coniugi ebbero un rapporto particolarmente intenso con i due artisti messicani, dai quali si fecero anche ritrarre.

Le opere d’arte della collezione Gelman risalgono ad un momento cruciale della storia del Messico, un periodo in cui il Paese andava incontro a una profonda trasformazione grazie a una serie di riforme politiche, culturali e sociali.
La fine della dittatura e la Rivoluzione del 1910 aprirono la strada ad un periodo di rinascimento e fermento artistico, durante il quale il Messico diventò la meta di molti artisti e intellettuali stranieri che volevano vivere e testimoniare in prima persona i cambiamenti in atto.
Nei decenni successivi alla Rivoluzione Frida Kahlo e Diego Rivera emersero come leader del Movimento Moderno messicano, coniugando la propria arte con gli ideali politici che avevano sempre supportato: le loro opere divengono uno strumento di espressione impregnato di un forte valore sociale, caratterizzate da contenuti progressisti e provocatori, portavoce del ceto lavoratore e di coloro che avevano a lungo subito l’ingiustizia sociale. L’impegno politico di Frida Kahlo fu immortalato dallo stesso Rivera nel 1928 nel pannello “The Arsenal”, affrescato per i muri del Ministero dell’Educazione, in cui Frida è rappresentata mentre distribuisce le armi ai rivoluzionari.

Diego Rivera e Frida Kahlo sono i protagonisti di una storia d’amore e di arte che si è nutrita reciprocamente: sono stati due figure emblematiche e rivoluzionarie che hanno segnato un’epoca e sono riconosciute quali icone e ispirazioni di intere generazioni. Ciò che più ci colpisce è la complementarità dei due artisti, oggigiorno universalmente riconosciuti come tali grazie alla collaborazione che li ha uniti e ha fatto proliferare il genio creativo di entrambi generando un qualcosa di più importante del singolo individuo, destinato all’immortalità ed al ricordo nei secoli.

La pittrice viene ritenuta da molti un’artista ascrivibile alla corrente del surrealismo, per il suo approccio che mescola fantastico e reale con l’immediatezza del muralismo: apertamente autobiografiche, le sue opere raccontano le esperienze traumatiche vissute riuscendo a trasporre sulla tela il dramma spirituale, al quale riuscì a reagire grazie al suo spirito di combattente. Il male ritratto è dunque reale e ci troviamo di fronte all’autenticità ed all’immenso universo interiore della donna.
Diego Rivera è considerato uno dei maggiori esponenti del muralismo messicano e nelle sue opere, intrise di politica, si fa portavoce di un popolo richiedente diritti e giustizia sociale: la sua sensibilità nei confronti della lotta di classe si esprime anche attraverso i soggetti raffigurati, difatti appartenenti al ceto lavoratore. Le opere raccontano le vicende dei peones e della loro schiavitù e prendono il posto della tradizionale pittura da cavalletto, abbandonata a favore dell’arte parietale, ovvero un’arte pubblica ed accessibile a tutti.

Accanto alla grande pittura (ben 23 le opere di Frida Kahlo e 9 quelle di Diego Rivera) viene proposta anche una sezione dedicata alla fotografia: Frida in particolare attrasse l’attenzione dei migliori fotografi internazionali del suo tempo ed in mostra sono presenti i ritratti realizzati da Héctor Garcia, Manuel Álvarez Bravo, Gisèle Freund, Martin Munkacsi, Nickolas Muray, Lucienne Bloch ed Edward Weston. Completa il percorso espositivo una sezione riservata a una magnifica selezione di costumi tradizionali messicani, così presenti e importanti nelle opere della coppia.

Padova sarà l’unica tappa italiana di un tour che farà il giro del mondo, dunque non perdetevi questa straordinaria rassegna a cura di Daniela Ferretti, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova ed organizzata da Vergel Foundation, MondoMostre e Skira in collaborazione con l’Instituto Nacional de Bellas Artes y Literatura (INBAL).

 


Le “variazioni pop” di Roy Lichtenstein a Parma

Ha aperto la mostra ROY LICHTENSTEIN. Variazioni Pop che a Palazzo Tarasconi di Parma celebra il centenario della nascita di Roy Lichtenstein (New York, 1923), considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’arte del XX secolo nonché uno tra i più celebri esponenti della Pop Art.

La mostra, aperta al pubblico fino al 18 giugno 2023, è curata da Gianni Mercurio e presenta una selezione di oltre 50 opere in cui ritroviamo il tratto inconfondibile dell’arte di Lichtenstein, ovvero le scene tratte da fumetti e pubblicità rese nello stile imitativo dei caratteristici pois del retino tipografico tipico dei processi di stampa dei giornali, cui seguono la natura morta, i paesaggi, fino alla serie dei nudi femminili. Ciascun filone tematico viene sviluppato all’interno di una sezione dedicata tra stampe e serigrafie, sperimentazioni su metallo, tessuti e sculture oltre a fotografie e video provenienti da collezioni europee e americane, che ripercorrono in ordine cronologico la sua intera carriera artistica a partire dagli anni Sessanta.

È proprio in questo periodo storico che lo stile di Lichtenstein cambia connotazione e rivoluziona il linguaggio espressivo dell’epoca con la scoperta e rivisitazione del fumetto: l’artista rappresenta persone ed oggetti della quotidianità trasformandoli in arte, estrapolando una scena dal suo contesto originario e conferendole un significato completamente rinnovato, con l’inserimento anche di testi ed onomatopee, oltre al distintivo effetto puntinato realizzato mediante la tecnica Ben-Day dots. Questo è il fondamento della stessa Pop Art americana, i cui artisti si ispirano a soggetti della cultura di massa e ad oggetti d’uso comune, isolandoli dal proprio ambiente naturale per trasformarli nei nuovi simboli della società consumistica votata all’eccesso: gli stessi oggetti erano già profondamente impressi nell’immaginario collettivo, grazie alla pressante pubblicità che invadeva le comunicazioni dei principali mass media.

 


Torino apre le porte alla prima mostra personale di JR in Italia

Ha aperto ieri "Déplacé∙e∙s", la prima personale di JR nel nostro Paese: curata dal direttore di Palazzo Strozzi a Firenze, Arturo Galansino, ed organizzata presso la sede delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo in piazza San Carlo, resterà aperta al pubblico fino al 16 luglio 2023.

La mostra è stata inaugurata da un evento speciale, una performance monumentale durante la quale cinque gruppi di persone, reclutate attraverso una call to action pubblica, sono partiti dalle vie attigue a piazza San Carlo trasportando ciascuno un telone su cui era raffigurato uno dei bambini fotografati nei cinque campi profughi in cui JR ha lavorato, che si sono poi congiunti in piazza e stretti in un simbolico abbraccio. Successivamente, le opere sono state portate all’interno del museo dove sono visibili al pubblico, tese solo parzialmente tramite dei fili, poiché date le considerevoli dimensioni sarebbe possibile fruirle nella loro interezza solamente dall’alto, oppure utilizzando dei droni.

Lo straordinario street artist, già dal 2004 impegnato attivamente a coniugare arte pubblica ed impegno sociale, ha l’obiettivo di stimolare la partecipazione e la riflessione comune su alcune delle grandi tematiche di attualità, ovvero le migrazioni forzate, le persecuzioni e le violazioni dei diritti umani che scaturiscono dalle guerre.
Lo scorso 31 gennaio JR ha fatto ritorno anche nel capoluogo lombardo, portando il suo progetto di arte partecipata Inside Out, con un nuovo capitolo intitolato Ora tocca a voi (cfr. “JR torna a Milano con un progetto di arte partecipata”).

Il museo torinese ospita video immersivi girati all’interno dei cinque campi profughi, oltre a fotografie, sculture e tre dei cinque teloni raffiguranti i bambini che JR ha incontrato tra gli sfollati e rifugiati durante i suoi interventi in zone colpite dalla guerra, tra cui il Rwanda, la Colombia, la Mauritania, la Grecia e l’Ucraina.
Con la sua profonda sensibilità l’artista trasforma l’arte in impegno sociale, attivandosi in prima persona sui territori di crisi e contemporaneamente sui propri canali social, scuotendo le coscienze del suo pubblico e mobilitando una collaborazione e connessione tra persone che non si conoscono e talvolta sono esterne al circuito artistico e culturale, ma hanno voglia di diventare ambasciatori del suo messaggio contribuendo insieme a lasciare un segno impresso nella memoria della collettività.

Il celebre proverbio “L’unione fa la forza” esemplifica chiaramente l’intento di questa forma d’arte, concepita per le altre persone e realizzata coinvolgendo le stesse, al fine di sottolineare l’importanza del ruolo individuale di ciascuno di noi, che può concretizzarsi in un risultato positivo per le sorti del mondo solo se unito allo sforzo degli altri in vista di un obiettivo comune, come quello di migliorare il presente e di porre delle basi più solide per il futuro.

 

 

 


Incontri ravvicinati: la nuova personale di Cristiano Pintaldi

21Gallery di Villorba presenta il lavoro di Cristiano Pintaldi, artista romano contemporaneo che ha esposto in musei come il MAXXI, il MACRO e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.
La mostra, intitolata “Incontri ravvicinati”, è curata dallo storico dell’arte Costantino D’Orazio e sarà aperta al pubblico fino al 9 aprile 2023.

La straordinaria tecnica di Pintaldi, grazie alla quale riesce a riprodurre qualsiasi immagine e colore, consiste nell’accostare su uno sfondo nero i tre colori primari quali rosso, verde e blu, nel medesimo modo in cui i pixel si dispongono per generare l’immagine sullo schermo televisivo.
I soggetti scelti sono dunque scomposti sulla tela in migliaia di pixel, riprodotti a mano dallo stesso artista mediante una mascherina di un centimetro quadrato che comprende al suo interno tre segni paralleli verticali dei tre colori.
Il colore finale percepito dall’osservatore nel dipinto è invisibile all’artista durante il processo poiché, dopo aver applicato numerosi strati di pittura con l’aerografo, ne scopre l’effetto solamente a lavoro ultimato.

Mediante l’abile riduzione dello spettro dei colori, Pintaldi favorisce l’instaurarsi di un primordiale dialogo tra colori e forme, stimolando una riflessione sulla nostra capacità di definire e percepire la realtà scindendola dalla finzione.
Le immagini raffigurate sono icone tratte dalla cultura popolare, da serie tv, notiziari internazionali, programmi televisivi, cartoni animati e dai film di Stanley Kubrick e rappresentano momenti sospesi, fermi nel tempo, ovvero scene che percepiamo come concrete e appartenenti al nostro vissuto, nonostante la maggior parte di noi le abbia viste solamente attraverso uno schermo.

Umberto Zagarese, socio di One Stop Art, ci racconta: “La mostra ha avuto un riscontro molto rilevante trattandosi dell’esposizione di opere realizzate dall’artista negli ultimi tre anni, suddivise in differenti tematiche quali il mondo del cinema, gli alieni e la riproduzione di eventi naturali.
La partecipazione è stata molto ampia, essendo rappresentata principalmente da importanti esperti e collezionisti di arte contemporanea.

 


ART CITY bologna 2023: inaugura la personale di Quayola

Venerdì 3 febbraio CUBO Museo d’impresa del gruppo Unipol presenta Ways of Seeing, la personale di Quayola allestita in Torre Unipol a Bologna, che sarà possibile visitare fino al 31 maggio 2023.

Storms, cuore del progetto espositivo affidato alla curatela di Federica Patti, è una serie di video ad ultra-high definition e stampe digitali che approfondisce la sua ricerca sulla pittura di paesaggio, esplorandone la sostanza pittorica attraverso tecnologie avanzate, richiamando ed omaggiando le celebri tempeste su tela di William Turner.

L’artista, oggi uno dei maggiori esponenti della media-art a livello internazionale, acquisisce il dataset dalle riprese dal vero, per poi rielaborarlo attraverso un processo di game engine: grazie all'utilizzo di custom-software e di algoritmi per l’analisi delle immagini e la manipolazione dei dati, il lavoro di Quayola dissolve, altera, disgrega e trascende la descrizione del paesaggio, per restituirne una rappresentazione che vira verso l'astrazione delle forme.

La progressiva evoluzione tecnologica in atto genera lo sviluppo di nuovi linguaggi artistici e comunicativi e di nuove modalità di fruizione delle opere, sempre più coinvolgenti e dotate di una potenza espressiva senza precedenti: in Storms la forza dirompente della natura catturata en plein air sulle coste della Cornovaglia si integra al digitale, in una concatenazione di onde che mette in luce la paradossale somiglianza tra le due realtà, divenute complici indistinguibili.

Lo spettatore, immerso in uno spazio espositivo completamente rinnovato e che sfrutta la luce naturale del venticinquesimo piano della Torre, si trova così a vivere l’esperienza romantica del sublime nella contemplazione della potenza e del fascino seduttore di universi mutevoli come l’arte, la natura e la tecnologia, di fronte ai quali esperisce impotenza e sopraffazione.