C’è differenza tra l’esportazione di un’opera d’arte e l’esportazione di un bene culturale?

Sì, ci può essere differenza perché non sempre un’opera d’arte è un bene culturale, e viceversa: le opere d’arte sono creazioni intellettuali con valore estetico in qualunque modo espresse, mentre i beni culturali sono lasciti del passato salvaguardati dall’ordinamento in quanto testimonianze di civiltà. In Italia l’esportazione dei beni culturali è sottoposta a un rigido sistema di limiti e di controlli al fine di preservare l’integrità del patrimonio storico-artistico nazionale. Quando un’opera d’arte è qualificabile come bene culturale, presentando i requisiti stabiliti dalla legge, le si applicano i vincoli all’esportazione previsti per questo tipo di beni, altrimenti la sua circolazione è libera.

 

Come si individuano i beni culturali nell’ordinamento italiano?

Secondo l’art. 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. n. 42/2004 e ss. mm. ii.) sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano un interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. In particolare, il Codice prevede tre modi di individuazione dei beni culturali a seconda delle loro caratteristiche e della loro appartenenza: mentre le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, archivi, biblioteche ecc. appartenenti a soggetti pubblici sono considerate tali dalla legge senza bisogno di alcun accertamento amministrativo (c.d. “beni culturali ex lege”), tutti gli altri beni pubblici e privati (opere d’arte, reperti archeologici, documenti, monete, manoscritti, libri, stampe, incisioni, carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole cinematografiche, ville, parchi, giardini, piazze, strade, mezzi di trasporto, siti minerari e industriali, strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica ecc.) che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni richiedono un’attestazione dell’interesse culturale da parte del Ministero della cultura nella forma della “verifica” o della “dichiarazione”. Si tratta di due procedimenti distinti – il primo dei quali si applica ai soggetti pubblici e alle persone giuridiche private non profit e il secondo in ogni altro caso – e con esiti parzialmente diversi: mentre la verifica negativa fa cessare i vincoli a cui il bene è provvisoriamente assoggettato, pur non essendo ancora riconosciuto come bene culturale, la dichiarazione (al pari della verifica positiva) li fa iniziare, riconoscendo a tutti gli effetti la natura culturale del bene.

 

Quali sono i limiti all’esportazione delle opere d’arte qualificate come beni culturali?

A livello internazionale l’Italia rientra tra i Paesi c.d. “esportatori” di beni culturali, cioè quei Paesi che, per storia o per tradizione, possiedono un ricco patrimonio culturale e dai quali i beni culturali tendono a uscire più che a entrare. In questi Paesi la legge limita solitamente la possibilità di esportare i beni culturali allo scopo di tutelare il patrimonio culturale nazionale e di evitarne il depauperamento. Da noi le disposizioni del Codice in materia di circolazione internazionale dei beni culturali (dall’art. 64-bis all’art. 87-bis) perseguono questo obiettivo – compatibilmente con gli obblighi internazionali dell’Italia e con i vincoli derivanti dal diritto dell’Unione europea – impedendo l’esportazione definitiva dei beni culturali e consentendone l’esportazione temporanea solo a determinate condizioni.

 

Cosa si intende per “esportazione temporanea” e per “esportazione definitiva”?

Per “esportazione definitiva” si intende l’uscita del bene dal territorio della Repubblica senza che ne sia previsto il rientro, mentre per “esportazione temporanea” si intende l’uscita del bene per un certo tempo, che viene in genere stabilito nel momento in cui si chiede di poterlo esportare.

 

Quali sono i limiti all’esportazione definitiva e quelli all’esportazione temporanea?

I limiti all’esportazione definitiva sono previsti dall’art. 65 del Codice, che vieta l’uscita definitiva dal territorio della Repubblica di tutti i beni culturali (ex lege, dichiarati o verificati con esito positivo), dei beni non ancora verificati e di quelli che il Ministero abbia temporaneamente escluso dall’uscita perché dannosa per il patrimonio culturale. L’uscita definitiva è consentita invece, con autorizzazione dell’ufficio di esportazione del Ministero (c.d. “attestato di libera circolazione”), per alcune categorie di beni previste dalla legge (archivi e singoli documenti di interesse culturale appartenenti a privati; fotografie, pellicole cinematografiche e supporti audiovisivi con più di 25 anni; mezzi di trasporto con più di 75 anni; oggetti e strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica con più di 50 anni) e per tutti i beni non ancora dichiarati che presentino un interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, se siano di valore superiore a 13.500 euro. Se il loro valore è inferiore a questa soglia l’uscita dei beni è libera, così come lo è l’uscita delle opere di pittura, di scultura, di grafica e di qualsiasi altro oggetto d’arte di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 70 anni: non perché l’arte contemporanea sia considerata meno importante di quella antica o moderna, ma per non comprimere eccessivamente il mercato dell’arte e non contrarre la produzione artistica italiana impedendo la circolazione internazionale delle opere di più recente creazione. I limiti all’esportazione temporanea sono previsti dagli artt. 66 e 67 del Codice, che consentono l’uscita temporanea dei beni culturali dal territorio della Repubblica, con autorizzazione dell’ufficio di esportazione del Ministero (c.d. “attestato di circolazione temporanea”), in determinati casi (partecipazione a manifestazioni, mostre o esposizioni d’arte di alto interesse culturale; mobilio privato di cittadini italiani che debbano trasferirsi all’estero per esercitare funzioni pubbliche; arredamento di sedi diplomatiche o consolari; analisi, indagini o interventi di conservazione da eseguire necessariamente all’estero; scambi con istituzioni museali straniere), per un tempo definito (indicato nell’attestato e comunque non superiore a 18 mesi, salvo che per il mobilio dei funzionari, che può restare all’estero per la durata del mandato, e per gli scambi museali, che possono arrivare fino a 4 anni, rinnovabili una sola volta) e a precise condizioni volte a garantire l’integrità e la sicurezza dei beni (indicazione del responsabile della custodia all’estero; rispetto delle eventuali prescrizioni del Ministero; assicurazione dei beni; cauzione a garanzia del loro rientro nel termine stabilito). Non possono in ogni caso uscire dal territorio nazionale i beni suscettibili di subire danni nel trasporto o nella permanenza in condizioni ambientali sfavorevoli e quelli che costituiscano il fondo principale della sezione di un museo, di una pinacoteca, di una galleria, di un archivio, di una biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica, per non pregiudicare oltre misura l’attrattività del luogo in cui si trovano.

 

Ci sono limiti all’importazione delle opere d’arte qualificate come beni culturali?

No, non ci sono limiti all’ingresso di opere d’arte nel nostro Paese, neppure quando si tratti di beni culturali, fatto salvo il necessario rispetto dei vincoli europei e degli impegni internazionali sulla restituzione dei beni illecitamente esportati. In genere gli Stati non pongono limiti all’importazione di beni culturali perché essa permette loro di arricchire il proprio patrimonio culturale, aumentare l’attrattività del proprio territorio e rafforzare il proprio mercato dell’arte. L’Italia non fa eccezione: nel Codice esiste un’unica disposizione dedicata a questo tema, l’art. 72 (“Ingresso nel territorio nazionale”), secondo cui la spedizione di beni culturali da uno Stato membro dell’Unione Europea o la loro importazione da un Paese terzo è certificata, a domanda, dall’ufficio di esportazione del Ministero, sulla base di documentazione idonea a identificare i beni e a comprovarne la provenienza. Il documento rilasciato dal Ministero (c.d. “certificato di avvenuta spedizione” o “certificato di avvenuta importazione”) può essere utile a diversi fini: ad esempio, per dimostrare la liceità dell’esportazione in caso di contestazione da parte delle autorità del Paese di uscita. Ma qui il discorso diventerebbe lungo e ci porterebbe troppo lontano.

 

Quali sono gli effetti di questa disciplina sul mercato dell’arte?

I limiti all’esportazione dei beni culturali previsti dall’ordinamento italiano sono giustificati dalla necessità di preservare il nostro patrimonio culturale in tutte le sue componenti. Si tratta di un impegno ineludibile, espressamente dichiarato dall’art. 64-bis del Codice e che trova fondamento nell’art. 9, comma 2, della Costituzione, secondo cui la Repubblica “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della Nazione”. Tuttavia, la particolare rigidità della disciplina e l’estremo rigore con cui viene applicata dagli uffici competenti possono rivelarsi un ostacolo insormontabile alla circolazione internazionale delle opere d’arte, mettendo l’Italia nella paradossale condizione di avere un patrimonio culturale tra i più ricchi al mondo e un mercato dell’arte tra i meno sviluppati d’Europa.