Nell’edizione del Vinitaly che si è appena conclusa sono stati esposti i “Bacco” di Caravaggio e Guido Reni: perché?

L’esposizione di questi due capolavori dell’arte italiana e mondiale (in prestito dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze) all’interno del più importante evento fieristico mondiale dedicato al vino italiano sancisce ufficialmente il connubio tra arte ai massimi livelli e vino.

Come ha dichiarato il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, l’obiettivo è quello “di far percepire quanto sia radicato il vino nella storia e nella cultura italiana e mondiale, un elemento utile per raccontarla e garantire ai nostri prodotti agroalimentari, attraverso i nostri beni culturali, di entrare nei mercati attraverso strade alternative”.

 

Quindi il legame tra arte e vino è un fenomeno recente?

No, il binomio arte e vino ha origini antiche. Il vino è da sempre una presenza costante nelle opere d’arte, dalla pittura alla scultura. Il vino è presente già nell’arte egizia del XIV secolo a.C., in quella classica antica (greca e romana) e nel Rinascimento italiano. Il nettare di Bacco è rappresentato nelle nature morte di molti artisti dell’Ottocento e degli impressionisti per arrivare fino all’arte contemporanea. Addirittura, nell’edizione 2023 del CAM Mondadori, il catalogo d’arte contemporanea più famoso d’Italia, sono riportate due opere denominate “Gea” [pronuncia “Ghea”, ndr] a firma dell’artista trevigiana Eleonora Bottecchia che consistono in due jeroboam [bottiglie da 3l, ndr] di prosecco e prosecco rosé: sicuramente una prima volta storica del prosecco nel CAM.

Quindi possiamo senz’altro affermare che il vino è stato da sempre scelto dall’arte.

La vera “novità” è che, oggi, anche l’arte viene scelta dal vino o, più precisamente, dalle aziende vitivinicole.

 

Quali sono le iniziative legate all’arte più diffuse tra le cantine?

Possiamo provare a raggruppare tali iniziative all’interno di alcune macrocategorie, con la precisazione che non è sempre agevole inquadrarle all’interno di una categoria piuttosto che di un’altra:

(a) Acquisto o commissione di opere d’arte da installare in cantina: tra i molteplici esempi, si pensi alle collezioni di Ca’ Del Bosco (Franciacorta), Castello di Ama (Chianti Classico), Zaccagnini (Abruzzo), Mastroberardino (Avellino) e Antinori (Chianti Classico);

(b) Realizzazione di etichette o packaging d’artista: qui gli esempi potrebbero essere infiniti, mi limito a citare la cantina Nittardi (Chianti Classico), appartenuta a… Michelangelo Buonarroti e acquistata negli anni Ottanta da Peter Femfert, noto collezionista, editore e gallerista di Francoforte, nonché Pradio (Friuli), della famiglia Cielo, che ha affidato la realizzazione delle etichette di propri vini di maggiore qualità al pittore locale Walter Starz;

(c) Progettazione della cantina affidata ad architetti o designer di fama internazionale: mi vengono subito in mente le 14 cantine appartenenti circuito denominato “Toscana Wine Architecture” (winearchitecture.it), firmate dai grandi maestri dell’architettura contemporanea, di cui fa parte anche la cantina Antinori, eletta cantina più bella del mondo dal World’s Best Vineyards 2022; oppure Tenuta Castelbuono (Umbria), della famiglia Lunelli, caratterizzata dalla cupola in rame a forma di “carapace” realizzata da Arnaldo Pomodoro;

(d) Partnership con realtà culturali e artistiche: si pensi alla recente collaborazione tra Pasqua Vini (Verona) e lo studio d’arte multidisciplinare fuse* che, per il secondo anno consecutivo, hanno portato al Vinitaly un’installazione site-specific (quella di quest’anno è denominata “Luna Somnium”); oppure alla collaborazione storica tra Bellavista (Franciacorta) e il Teatro alla Scala di Milano nell’ambito della quale ogni anno vengono realizzati apposite etichette e confezioni; oppure ancora alla Zenato Academy, progetto dell’azienda Zenato (Verona), che nasce come laboratorio permanente di studio e sperimentazione in campo culturale e fotografico e, in collaborazione con alcune scuole di fotografia, promuove i giovani, realizza mostre e volumi fotografici;

(e) Realizzazione di musei tematici del vino: si possono citare il MUVIT (Museo del Vino) gestito dalla Fondazione Lungarotti Onlus (e dalla famiglia Lungarotti, proprietaria dell’omonima cantina), con sede a Torgiano (Umbria) nonché il Museo del Prosecco che verrà realizzato a Conegliano all’interno del “Parco Prosecco” (polo agritech incubatore di startup) in un sito di archeologia industriale abbandonato.

Oltre alle iniziative appena menzionate, ne esistono innumerevoli altre tipologie, quali: la sponsorizzazione di eventi culturali e artistici (in cui la cantina-sponsor ha l’opportunità di promuovere il proprio marchio associandolo all’iniziativa oggetto di sponsorizzazione), la liberalità a sostegno del patrimonio culturale (incentivata attraverso il cd. art bonus), anche nella forma della devoluzione di percentuali sulle vendite di una linea di bottiglie a cause artistico-culturali, la promozione di premi d’arte o letterari, la realizzazione di residenze per artisti, l’organizzazione di viaggi culturali, l’organizzazione di seminari e workshop per dipendenti e clienti su temi artistico-culturali.

 

Qual è stata la prima cantina a “scegliere” l’arte?

Sono leggendarie alcune etichette di Grand Cru di Bordeaux della cantina Château Mouton Rothschild (Francia) realizzate da artisti come Georges Braque, Joan Mirò e Francis Bacon. Alcune di queste bottiglie sono dei veri e propri oggetti da collezione.

 

Perché le aziende vitivinicole decidono di investire in arte e cultura?

In base alla mia esperienza, ritengo che la principale motivazione all’investimento culturale risieda nella passione personale dell’imprenditore o della famiglia proprietari della cantina. Tuttavia, mi sembra l’arte venga sempre di più percepita come un medium per migliorare l’immagine aziendale e il prestigio del brand. Altre motivazioni sono legate al perseguimento di obiettivi di: responsabilità sociale d’impresa (miglioramento del luogo di lavoro dei dipendenti, supporto alla comunità artistica, creazione di nuove connessioni con i clienti e la comunità locale); comunicazione di un’impresa innovativa; investimento economico; stimolo alla creatività dei dipendenti; ottenimento di vantaggi fiscali.

 

Quali difficoltà incontrano le “cantine culturali”?

In generale, con l’eccezione di poche cantine più strutturate e con una maggiore tradizione culturale, spesso rilevo un approccio improvvisato e poco programmato rispetto all’iniziativa culturale.

Infatti, va ricordato che l’opera d’arte – ancor più se parte di una collezione – è un bene peculiare e complesso sia dal punto di vista del suo regime giuridico (diritti di sfruttamento, esportazione, vincolo culturale, ecc.) sia per quanto riguarda la sua conservazione (ambiente idoneo, assicurazione).

All’interno dell’azienda manca quasi sempre una figura o un ufficio specifico che si occupi della gestione della collezione. A volte le cantine, per realizzare e gestire le proprie collezioni, neppure si affidano a dei professionisti esterni (avvocati, fiscalisti, art advisor, broker assicurativi, esperti di finanza agevolata).

Inoltre, molte cantine culturali ignorano il problema della corretta contabilizzazione delle proprie opere d’arte, della scelta del criterio di valorizzazione in bilancio (costo o fair value) e dei successivi aggiornamenti di valore (anche ai fini assicurativi).

Dal punto di vista del marketing, se le opere sono un asset strategico, devono essere scelte, gestite e comunicate in maniera coerente con la vision e l’immagine aziendale.

 

C’è un’iniziativa in tema arte-vino in particolare che vorrebbe menzionare?

Da appassionato di musica, non posso non ricordare il compositore giapponese Ryuichi Sakamoto, peraltro mancato pochi giorni fa, autore tra l’altro di note colonne sonore come quelle per i film diretti da Bernardo Bertolucci “L’ultimo imperatore” e “Il tè nel deserto”.

Nel 2022 il maestro Sakamoto, su incarico della Maison de Champagne Krug (gruppo LVMH), ha composto “Suite for Krug in 2008”, una sinfonia ispirata ai tre Champagne realizzati con il raccolto di un’annata eccezionale. Attraverso questa iniziativa, la Maison Krug intende evidenziare l’influenza del suono sulla percezione del gusto. In pratica, in luogo del più noto abbinamento gastronomico, la Maison Krug propone un abbinamento musicale come modalità inedita per scoprire sfaccettature inaspettate dei propri Champagne.