di Avv. Michela Zanetti

 

Ad annoiare troppo le scimmie finisce che te le plagiano: per questo motivo, Yuga Labs, società creatrice di The Bored Ape Yacht Club, ha denunciato l’artista Ryder Ripps (ed il suo collaboratore Jeremy Cahen) per aver coniato e venduto una serie di NFT denominata RR/BAYC repliche degli originali NFT Bored Ape.

Facciamo un passo indietro e, per chi non lo sapesse, vediamo in cosa consiste il Bored Ape Yacht Club: si tratta di una collezione di diecimila NFT, rilasciata tra aprile e maggio 2021, dalla società Yuga Labs. Ogni NFT rappresenta una scimmia (Ape) generata dalla combinazione di 170 caratteristiche scelte in maniera casuale. Dopo la prima settimana di prevendita, la notte del 1° maggio 2021 la collezione è andata sold out. La fama di questi collectibles è stata sancita dal mercato secondario: si pensi che a settembre 2021, ovvero solo tre mesi dopo il loro rilascio, un lotto di 101 Ape è stato venduto da Sotheby’s per 25 milioni di dollari. Sempre le Ape hanno sbancato anche la prima Sotheby’s Natively Digital 1.2, con una vendita pari a 3,4 milioni di dollari. Un aspetto sicuramente interessante di questi NFT è dato dai diritti e privilegi riconosciuti in capo ai loro proprietari e che ne hanno sancito, sin da subito, il ruolo di status symbol: essere titolari di un NFT Bored Ape, infatti, consente di entrare a far parte del relativo Club esclusivo, con tutti i vantaggi a ciò connessi. Inoltre, ai titolari di NFT Bored Ape vengono riconosciuti diritti e libertà creative su ogni singolo avatar acquistato, ovvero una sorta di diritto di sfruttamento commerciale della propria scimmia (ma, attenzione, non del marchio BAYC).

Tornando alla vicenda in questione, nel maggio 2022 l’artista Ryder Ripps coniava una collezione “parallela” di NFT, denominata RR/BAYC, in tutto e per tutto simile a quella ufficiale. Ripps avrebbe sfruttato la notorietà degli NFT BAYC per commercializzare i propri RR/BAYC, inducendo il pubblico a credere che le due collezioni fossero in qualche modo connesse o affiliate. Di fronte alle contestazioni di Yuga, Ripps si difendeva sotto lo scudo della appropriation art, adducendo di aver agito per protesta contro il mondo degli NFT e dei Bored Ape e chiarendo come fosse ben noto al pubblico che la sua collezione fosse diversa da quella ufficiale. Niente confusione, quindi, bensì solo l’intento di lanciare un messaggio artistico “diverso”. La critica di Ripps alle Bored Ape, infatti, risaliva al novembre 2021, con il lancio di una campagna mediatica contro le “Yuga scimmie”, accusate di contenere una simbologia nazi-razzista troppo evidente.

Nel luglio 2022, Yuga Labs si rivolgeva alla Corte distrettuale della California per veder tutelato, in primis, il proprio marchio, ai sensi del Trademark Act (Lanham Act). Yuga contestava inoltre falsa denominazione di origine, cybersquatting e concorrenza sleale. Ripps e Cahen presentavano una serie di eccezioni, tra cui il fatto che l’uso dei marchi BAYC fosse protetto dal Primo Emendamento e dal fair use.

Nel provvedimento, la Corte californiana si è interrogata sulla possibilità che gli NFT rientrino tra i “prodotti” tutelati dal Lanham Act. La risposta è stata affermativa e pertanto gli NFT, pur nella loro essenza virtuale ed intangibile, vengono considerati a tutti gli effetti “beni” ai sensi del Lanham Act (nel testo della sentenza, che richiama anche quanto sostenuto anche della sentenza Hermès International v. Rothschild, si afferma che “intangibility does not exclude NFTs from having other characteristics of ‘goods,’ including being individually transferrable between owners, storable for indefinite periods of time, exclusively owned by a single owner, and distinguishable based on their source.”)

Altra importante questione affrontata nel provvedimento riguarda il cybersquatting. La Corte ha affermato che può definirsi cybersquatter colui che “knowingly obtains from a registrar a domain name consisting of the mark or name of a company for the purpose of ransoming the right to that domain name back to the legitimate owner for a price.” Establishing a cybersquatting claim requires the plaintiff to show that “(1) the defendant registered, trafficked in, or used a domain name; (2) the domain name is identical or confusingly similar to a protected mark owned by the plaintiff; and (3) the defendant acted with bad faith intent to profit from that mark [1]”. Nel caso in esame, Ripps e Cahen avevano registrato ed utilizzato i nomi di dominio https://rrbayc.com/ e ttps://apemarket.com/, contenenti il marchio BAYC e il nome (bored) APE: ciò ha portato la Corte ha ritenere che i nomi utilizzati fossero uguali (o perlomeno simili) al marchio di Yuga Labs, riconoscendo altresì la mala fede in capo a Ripps e Cahen (si pensi che durante la registrazione di questi nomi a dominio entrambi avevano nascosto le proprie identità).

La vicenda giudiziaria ha trovato un primo punto di arrivo soltanto nell’aprile di quest’anno: la Corte, ritenendo validi e tutelabili i marchi utilizzati da Yuga Labs e ritenendo altresì che la condotta di Ripps e Cahen fosse tale da ingenerare confusione nel pubblico di riferimento, ha concesso a Yuga il provvedimento sommario richiesto in corso di causa. Nel provvedimento si dichiara che l’uso del marchio BAYC in relazione agli NFT creati da Ripps e ai relativi nomi a dominio costituisce una falsa denominazione di origine ai sensi del Lanham Act nonchè un’ipotesi di cybersquatting.

[1] Trad. cortesia: (qualcuno che) ottiene consapevolmente da un registrar un nome di dominio costituito dal marchio o dal nome di un’azienda allo scopo di riscattare il diritto a tale nome di dominio al legittimo proprietario dietro pagamento di un prezzo”. Per stabilire un reclamo per cybersquatting è necessario che il ricorrente dimostri che “(1) il convenuto ha registrato, trafficato o usato un nome di dominio; (2) il nome di dominio è identico o confusamente simile a un marchio protetto di proprietà del ricorrente; e (3) il convenuto ha agito in mala fede con l’intento di trarre profitto da tale marchio.

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